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UDC: La legge Zan va rivista

 

La vicenda di don Andrea Leonesi, contestato per aver espresso legittima opinione in un contesto semi-privato come una liturgia cattolica, pone serie domande sulla libertà e sulla tolleranza della nostra cosiddetta società civile. Non è affatto una questione peregrina se un giurista di chiara fama, cattolico, moderato e non certo fondamentalista come Cesare Mirabelli, Presidente emerito della Corte Costituzionale, si pone domande in questo senso, in particolare a proposito della cosiddetta “legge Zan” sull’identità di genere e l'omofobia. 

Mirabelli si pone una prima questione sul fatto che la legge introduce un’aggravante specifica per tutti i reati lesivi della dignità e dell'integrità della persona umana sostenendo che “si sarebbe potuta ottenere intervenendo sull’articolo 61 del Codice Penale. Sarebbe stato un percorso meno traumatico”. Ancor peggio quando la “legge Zan” al famigerato articolo 2 lettera d parla di “propaganda di idee”, quando l'attuale articolo 604 bis del Codice Penale fa invece riferimento alla “propaganda e istigazione a delinquere”. 

La propaganda – sostiene Mirabelli – è ancorata al delinquere e giustamente va espressa. Con la nuova legge invece si fa riferimento all'idea, viene meno il raccordo necessario con l’istigazione. Possiamo dire di trovarci di fronte ad un reato d'opinione? Per chi avesse dubbi basta leggere l’articolo 4 dove si dice che “ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime e riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. 

E’ quel “purché non idonee” che desta grande preoccupazione, dice Mirabelli: “non si può usare il concetto di idoneità nella valutazione di un’idea, chissà quando, come e per quali finalità espressa, e trasformare quell'idea in un reato penale”. Chi stabilirà se l’idea è idonea oppure no a determinare un concreto pericolo di violenza o discriminazione? Per tutto ciò Mirabelli sostiene, insieme a molti cattolici e liberali, che il testo vada rivisto. 

E’ mia profonda convinzione che non solo questo sia necessario, ma che vada anche combattuta questa mentalità neo-assolutista e per nulla laica. Solo nel periodo fascista in Italia abbiamo avuto leggi che impedivano di esprimere il libero pensiero e che davano ai giudici ampia discrezionalità nel condannare penalmente reati di opinione e di parola. Non vorrei che l'attuale sinistra, insieme ai Cinque Stelle, inauguri nel nostro paese un tempo di intolleranza e di dittatura del pensiero utilizzando in maniera subdola e strisciante la legislazione penale per limitare o combattere opinioni diverse dalle loro. Forse, così procedendo, la vicenda di Don Leonesi potrebbe non restare un caso isolato.

 

Coordinatore Provinciale UdC


Luca Marconi

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