Ricostruzione
in alto mare, progetti fermi, calcinacci immobili, mancava solo l’attuale
indisponibilità di materiali edili a dare il colpo di grazia, con il risultato
che molti degli sfollati del 2016 non faranno mai più ritorno in queste terre,
con conseguente impoverimento di aree importanti e sovrappopolamento di altre.
Il terremoto è
stato solo una miccia per far deflagrare un fenomeno voluto, studiato a
tavolino, la famosa “strategia dell’abbandono” ovvero l’intento di lasciare un
territorio al proprio stato abbandono e degrado, iniziata ben prima perché
queste terre bellissime non conviene a nessuno ci viva una popolazione che
pretenda investimenti.
Qualcuno deve
aver capito da parecchio tempo che una comunità inesistente o disgregata si
domina meglio, l’entroterra che diventa una Disneyland per i turisti è più
gestibile come linea per un gasdotto, si stracciano le vesti di meno se le
fabbriche delocalizzano, tanto hanno già delocalizzato le persone, si
ricollocheranno sulle piane di Jesi per l’hub di Amazon se arriva, se le
multinazionali se ne vanno pazienza per quei pochi che ancora ancora ci vivono,
s’arrangeranno.
Per noi
abitanti oltre ai danni parecchie beffe. Non tanto le vignette di pessimo gusto
di Charlie Hebdo, quanto i sedicenti politici. Da quelli locali per cui basta
portare qualche concerto pop cantautorale sulle piane di Castelluccio per
ridare entusiasmo non si capisce a chi o slancio all’economia non si sa di chi
né come con una serata, al trampolino di lancio per le destre. Chi non ricorda ‘Immigrati
negli alberghi, terremotati sotto le tende’ o le foto di Salvini con nonna
Peppina?
Chi non
ricorda come si sono tutti riempiti la bocca per lasciarci un minuto dopo in
compagnia dei nostri calcinacci, del vuoto sempre più importante di cubature su
cubature e cementificazione altrove. In compenso non sono mancati i sindaci
super star, efficienza ostentata inversamente proporzionale all’efficacia
reale.
Il modello
Marche è iniziato in buona parte da qui, dalla rabbia sociale convogliata male
e continua con la maldestra realizzazione di promesse elettorali di assessori
regionali che tentano di riaprire reparti ospedalieri a Camerino dicendo che in
queste terre riportano i servizi.
Ma secondo voi
io mi trasferisco o torno a Camerino perché c’è cardiologia? Io vado, mi curo e
me ne torno da dove sono venuta, qui fanno 40 e passa chilometri per andare a
comprare da Ikea, figuriamoci se non li fanno per un ecocardiogramma.
In ogni caso,
nonostante inerzia e demagogia, continua la vita in queste terre belle e
dimenticate o meglio, ricordate a uso e consumo di qualcuno e poi piano piano
ci si dimentica, le cose cambiano e i terremoti dopo una pandemia e
un’alluvione sono già l’emergenza precedente. “Prevenzione non si può fare”
dicono, ma non è vero. Sappiamo che i terremoti torneranno e dovremmo in ognuna
di queste cittadine avere già individuato, preservato da altri usi e attrezzato
di potenziali allacci, aree specifiche per le SAE, un fondo d’emergenza per
averle quanto prima dopo la prossima scossa e un superbonus per l’adeguamento
sismico delle abitazioni.
Quanto al
riscatto il momento è adesso. Il PNRR è un’opportunità che deve generare
opportunità, la sua formula di combinazione digitale e green è ciò di cui
abbiamo bisogno qui: comunità energetiche, fibra fin dentro alla grotta della
Sibilla, ambienti per lo smart working e il coworking, rigenerazione urbana,
distretti del biologico, artigianato e perché no industria etica, servizi di
prossimità, incentivi per una nuova politica abitativa, accoglienza.
Da tutto
questo ci separa la politica che adesso deve scegliere se venderci al prossimo
miglior offerente o impegnarsi e amministrare.
Per Sinistra
Italiana Macerata, Serena Cavalletti coordinatrice provinciale
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