Non ci sarà nessuna omelia alla messa domenicale nelle chiese dell'arcidiocesi di Fermo, nel cui territorio è avvenuto il delitto di Alika Ogorchukwu, ambulante di origini nigeriane ucciso a bastonate per un diverbio in strada, come ha scritto l’arcivescovo di Fermo, mons. Rocco Pennacchio:
“La nostra Chiesa locale e le
parrocchie di Civitanova di fronte all'uccisione di Alika scelgono
l'atteggiamento del silenzio per lasciarci ferire il cuore e sconvolgere
dell'accaduto. Preghiamo per la vittima e siamo vicini a tutti coloro che sono
nel dolore e nell'angoscia per quanto successo. A partire dell'Eucaristia che
celebreremo domenica, nella quale in luogo dell'omelia ci saranno alcuni minuti
di silenzio, vogliamo ribadire e rafforzare il nostro impegno per la pace e
perché l'aggressività non si sostituisca alla giustizia e non metta più in pericolo
altre vite. Nessuna forma di violenza può avere cittadinanza nella vita secondo
lo stile del Regno di Dio. Preghiamo anche per l'aggressore e i suoi
familiari".
Ed anche il presidente dell’Aiart Marche, Lorenzo Lattanzi, ha invitato a non ripetere gli errori del passato ed a non strumentalizzare la tragedia politicamente: “Non dobbiamo ripetere gli errori già commessi con la tragedia di Pamela Mastropietro e il conseguente arresto di Luca Traini» prosegue Lattanzi «Anche in quel caso prevalse una linea ideologica e politicizzata che non ha fatto bene a nessuno, né ai familiari delle vittime, né alla città, né al dibattito pubblico.
Se all’epoca, come associazione, avevamo sommessamente proposto una riflessione sul tema della legalità a Macerata e nel nostro Paese (proposta purtroppo ignorata), in questa occasione sentiamo il dovere d’intervenire direttamente con questo comunicato per promuovere una riflessione collettiva sulla banalizzazione della violenza, sul disimpegno civile e sulle povertà educative. Non ci si può scaricare la coscienza limitandosi ad accendere il cellulare per riprendere certe scene e condividerle in rete!
Forse è giunto il momento di
domandarsi se la sovraesposizione alla violenza verbale e fisica, che
imperversa sui social e sui vari schermi personali di cui siamo tutti dotati,
non contribuisca in qualche modo a una sorta di assuefazione al male, a una sua
spettacolarizzazione, se non addirittura, come nel caso delle baby gang, a
promuovere atteggiamenti emulativi, solo per ricevere qualche like in più”.
Mentre il consigliere comunale tolentinate, Massimo D’Este, ha sottolineato il vuoto di senso: “Mi spiace dirlo, ma quello che ci sta allontanando da un umano vivere, e che ci sta' contagiando un po' tutti, è il vuoto di senso e di valori a cui aggrappare i nostri giorni. E nei soggetti fragili, borderline, incapaci a gestire il vuoto che né deriva, fà danni irreparabili.
Ragazzi, oggi gestire il quotidiano è diventata un'impresa
per molti, basta averne poco di buon senso, e magari tante confuse ragioni per
giustificare una tragedia, per sé, per gli altri. La strada intrapresa ci sta'
frastornando. Non si è più capaci di abitare ciò che si ha, e si è. Siamo
sempre alla ricerca di qualcos'altro che ci renda più contenti, ma non sempre
si è più contenti se si ha altro, se aggiungiamo. Sarò banale e ripetitivo, ma
da qualche parte ho letto che per avere frutti, e quindi più gioia, bisogna
potare, togliere. Invece siamo dei contenitori pieni di roba inutile, come dei
grandi armadi, le soffitte, le seconde case, dove stipiamo l'inutilità
accatastata negli anni”.
Per questo anche la morte è uno spettacolo: “Microfoni in faccia con il morto caldo, a carpire le reazioni, ad esigere un perdono lanciato in diretta tv, strumentalizzare poi, con il razzismo o la politica la disumanità di un gesto. E noi ad emulare i professionisti dell'informazione, con lo smartphone in mano, piuttosto che prendere per le spalle quello che sta' per diventare un assassino senza saperlo, ed impedirgli di fare e farsi del male.
Noi adulti, ma non per
questo migliori, che davanti alla morte restavamo sgomenti e in silenzioso
rispetto; per piangere, pregare, sostenere, farci una ragione, siamo fuori dal
tempo, inadeguati allo spettacolo, allo spietato Truman Show. Se siamo
disumani, e lo siamo, dobbiamo interrogarci sulle nostre responsabilità; sono
tante le impostazioni, subite e accettate, che hanno modificato il nostro
cuore-software, e non basta dire che non c'è più l'amore ma capire cosa lo ha
consumato, chi e cosa lo ha rapito alle nostre relazioni, e con cosa
sostituito. Amarsi un po', per diventare noi, veramente noi”.
La Sinistra Italiana provinciale la tragedia di Civitanova ha invitato a capire la gravità dell’avvenimento: “Le Marche tornano al centro dell’informazione per un nuovo fatto cronaca nera. Dopo Fermo e Macerata, è il turno di Civitanova Marche, dove oggi Alika Ogorchukwu è stato picchiato a morte per aver fatto, pare, degli apprezzamenti ad una ragazza. Alika non era semplicemente ‘uno straniero.
Spersonalizzare allontana l’empatia necessaria a capire fino in fondo la
gravità di quello che è successo oggi. Alika era una persona strappata
all’affetto dei suoi cari da una (in)cultura che produce un pensiero gerarchico
che mette il colore della pelle, il genere, la disabilità su un piano subalterno
rispetto ai canoni della presunta normalità e da un patriarcato che mostra il
suo lato peggiore: il maschio alfa interviene a ‘difendere’ la ‘sua’ donna,
come se le donne non sapessero difendersi da sole e come se esistessero parole
che legittimino fatti di una violenza inaudita. Ci stringiamo attorno ai suoi
cari ed alla comunità nigeriana e ci chiediamo: di quale sicurezza parliamo
quando una persona, disabile e di colore, perde la vita nelle circostanze
accadute oggi ad Alika?”
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