Domenica 28
febbraio alle ore 16 l’Azione Cattolica della parrocchia Santa Famiglia di
Tolentino invita ad un incontro in diretta sulla pagina facebook della
parrocchia sulla figura del prossimo beato, Rosario Livatino: ‘Giustizia e
misericordia in Rosario Livatino’ con il giornalista prof. Michelangelo Nasca,
autore del libro ‘Rosario Livatino. Sotto lo sguardo di Dio’.
Rosario Livatino nacque a Canicattì nel 1952. Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere. Venne ucciso il 21 settembre 1990 ad Agrigento sulla SS 640 mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa nostra.
Si impegnò nel sociale attraverso l’Azione Cattolica, come ha
sottolineato il card. Francesco
Montenegro, arcivescovo di Agrigento: “Ha incarnato la beatitudine di coloro
che hanno fame e sete di giustizia e per essa sono perseguitati, mettendo
pienamente a frutto il dettato conciliare sull’apostolato dei laici, sulla
scorta dell’esperienza maturata in seno all’Azione cattolica…
La preghiera costante e la quotidiana
partecipazione al mistero eucaristico, insieme alla solida educazione
cristiana, ricevuta in famiglia e corroborata dalla meditazione assidua della
Parola di Dio e del magistero della Chiesa, hanno fatto di lui un autentico
profeta della giustizia e un credibile testimone della fede in un momento
storico e in un contesto sociale tristemente segnati da una mentalità sotto
diversi aspetti disumana e disumanizzante”.
Il 30 aprile 1986, intervenendo a
Canicattì alla conferenza su ‘Fede e diritto’, Rosario Livatino ha delineato il
compito del magistrato: “Il compito del magistrato è quello di decidere.
Orbene, decidere è scegliere e, a volte, tra numerose cose o strade o
soluzioni. E scegliere è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a
fare.
Ed è proprio in questo scegliere per
decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un
rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è
realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto
indiretto per il tramite dell’amore verso la persona giudicata…
Cristo non ha mai detto che soprattutto
bisogna essere ‘giusti’, anche se in molteplici occasioni ha esaltato la virtù
della giustizia. Egli ha invece elevato il comandamento della carità a norma
obbligatoria di condotta perché è proprio questo salto di qualità che connota
il cristiano”.
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